Sogno di una notte di mezza estate

Sogno di una notte di mezza estate Riassunto e analisi di - Atto V

Riassunto

Atto V, Scena I

Nel palazzo dove risiedono Teseo e Ippolita, vengono ospitati i quattro giovani innamorati e tutti si aspettano una qualche forma di intrattenimento per il dopo cena. Teseo si fa consegnare da Filostrato un elenco dei possibili allestimenti preparati e alla fine viene attirato dal titolo “La storia scenica prolissa e breve del giovane Piramo e del suo amore per Tisbi, farsa molto tragica” ed è proprio il dramma che vuole vedere rappresentato. Filostrato cerca di dissuaderlo, dicendogli che gli attori sono semplici artigiani e mancano di talento, ma Teseo è fermamente convinto di voler assistere alla loro performance.

Quince enuncia il prologo, un assurdo tentativo di letteratura aulica composto perlopiù da frammenti di frasi che non fanno altro che ribaltare il vero significato delle locuzioni. “Se diremo qualcosa d'offensivo, sappiate che lo facciamo intenzionalmente. Così che voi possiate pensare che non veniamo per offendere, se non con l'intenzione di farlo. Mostrare quanto può la nostra semplice arte: questo è il verace principio della nostra fine. Considerate dunque che noi veniamo a voi contro voglia. Non veniamo nell'intenzione di accontentarvi. Questo è il nostro programma. Per il vostro proprio piacere non siamo venuti qui. Per farvi pentire d'averci ascoltato gli attori son qui pronti. E mediante il loro spettacolo, apprenderete tutto quel che sarà probabile apprendiate.

L'opera viene dunque rappresentata, con numerosi errori linguistici e riferimenti errati che la trasformano in una totale farsa: Ippolita la condanna come sciocca mentre Teseo la difende definendola soltanto fantasia. Durante lo spettacolo, Teseo, Lisandro, Demetrio e Ippolita aggiungono ininterrottamente commenti che criticano la performance e si prendono gioco delle buffonate degli attori profani.

Alla fine dello spettacolo, sia Bottom che Flute si alzano da dove giacciono, creduti morti, e si offrono di concludere con un epilogo o una danza-bergamasca. Teseo interviene rapidamente dicendo loro che non vi è alcun bisogno di aggiungere anche un epilogo, ma che piuttosto sarebbe meglio eseguire solo la danza, ed essi obbediscono.

Atto V, Scena II ed Epilogo

Puck entra in scena con una scopa e inizia a spazzare il palco. In un monologo informa il pubblico che nemmeno un topo disturberà gli innamorati, così che si può dedurre che stia proteggendo le loro camere da letto. Giungono Oberon e Titania al fine di benedire l'unione di Teseo e Ippolita e, dopo aver eseguito una danza fatata, si allontanano lasciando il folletto da solo. É Puck che declama l'epilogo affermando: “Se l'ombre nostre v'han dato offesa, / Voi fate conto v'abbaino colto / Queste visioni così a sorpresa, / Mentre eravate in preda al sonno; / In lieve sonno sopiti, ed era / Ogni visione vaga chimera.” Con queste parole vuole invitare il pubblico a considerare soltanto un sogno ciò a cui hanno assistito nel caso in cui non l'avessero gradito.

Analisi

La parte finale dell'opera sembra apparentemente inutile ai fini della trama generale. Dopo tutto, nell'Atto IV, non solo si assiste al matrimonio dei quattro giovani amanti ma vi è anche una conclusione positiva del conflitto. Quindi sorge la domanda in merito al motivo per cui Shakespeare abbia scelto di concludere il suo testo in questo modo. La risposta giace nel fatto che Shakespeare abbia voluto sottolineare una questione decisiva in merito all'opera: vuole rendere perfettamente chiaro che la vicenda avrebbe potuto concludersi semplicemente come tragedia e non come una commedia. L'allestimento dello spettacolo Piramo e Tisbi esplicita perfettamente questo aspetto perché è parallela a ciò che è stato vissuto dagli innamorati: Piramo e Tisbi decidono di scappare, un leone (quindi un mostro della foresta) emerge e afferra il mantello di Tisbi, e quando Piramo vede il mantello insanguinato si uccide avventatamente. Ecco come invece avrebbe potuto concludersi Sogno di una notte di mezza estate. L'atto finale serve quindi a modificare l'opinione che il pubblico conserva in merito alla realtà e all'immaginazione. Assistendo alla patetica messa in scena degli artigiani, Teseo rimarca che: “Il dissennato, l'amante e il poeta non son composti di nient'altro che fantasia”, intendendo che è l'immaginazione che rende folli le persone ma è sempre l'immaginazione che le ispira. Senza immaginazione sarebbe molto più difficile apprezzare un'opera teatrale, come dimostrato dalla farsa di Piramo e Tisbi, a riguardo della quale Ippolita commenta: “È la roba più buffa che abbia mai sentita”. Teseo la aiuta a risolvere questa incomprensione affermando: “Le cose migliori di questo genere non sono che ombre, e le peggiori non son per questo da meno, se la fantasia faccia tanto da rimediarvi”. Ecco quindi che l'immaginazione può annullare ogni problema.

Forse la battuta più esplicativa di questo ultimo atto è pronunciata da Teseo: “Come si potrà mai trovare un accordo, in mezzo a tal discordia”. Questo è esattamente ciò che accade con l'opera stessa, ossia la risoluzione del conflitto tra gli amanti presentato nelle scene iniziali tramutato infine in armonia.