L'importanza di chiamarsi Ernesto

L'importanza di chiamarsi Ernesto Riassunto e analisi di - Atto II, Scena II

Riassunto

Cecily arriva in giardino per dare l’acqua ai fiori e Algernon le riferisce che Jack vuole che lui se ne vada. Merriman gli comunica che il calesse è pronto, ma Cecily decide che aspetterà. Algernon le fa i complimenti per la sua grande bellezza e poi, quando torna Merriman, gli dice che il calesse potrà tornare la settimana dopo. Il giovane chiede a Cecily di sposarlo e lei sottolinea che il loro fidanzamento dura da tre mesi: è innamorata di lui da quando ha sentito parlare del fratello cattivo di Jack e gli mostra una scatola di lettere che lui le “ha scritto” (che in realtà ha scritto lei). Ammette di amarlo soltanto perché si chiama Ernest e quando lui glielo chiede, dice che non pensa che lo amerebbe se si chiamasse Algernon. Lui risponde che ha bisogno di vedere Chasuble al più presto “per un battesimo” e poi si corregge dicendo “per un affare della più grande importanza”. Poi se ne va.

Merriman annuncia che Gwendolen ha richiesto di vedere Mr Worthing (Jack). Cecily gli dice che è andato a parlare con Chasuble poco prima, ma la invita a entrare. Gwendolen prende subito Cecily in simpatia, ma si scoraggia subito quando scopre che Mr Worthing è il suo tutore: vorrebbe che Cecily non fosse così giovane e attraente perché “Ernest”, sebbene abbia valori morali, è ancora suscettibile alle tentazioni. Cecily le spiega che non è Ernest il suo tutore, ma suo fratello Jack, e aggiunge che lei sposerà Ernest. Confrontano le pagine dei rispettivi diari e Gwendolen sente di avere la precedenza perché Ernest le ha chiesto di sposarla il giorno prima. Le ragazze discutono e si insultano a vicenda.

Arriva Merriman insieme a un altro servitore per preparare il tè. Cecily e Gwendolen assumono un atteggiamento distaccato e educato pur continuando a insultarsi a vicenda, passandosi le cose sbagliate per il tè. Merriman e l’altro servitore se ne vanno, mentre le donne si lanciano in un rabbioso scontro verbale. A quel punto arriva Jack e lui e Gwendolen si baciano. Lei gli chiede se sia fidanzato con Cecily e lui ride, negando. Cecily dice quindi che sapeva che si trattava di un malinteso, dato che l’uomo davanti a loro è suo zio Jack. Gwendolen è sconvolta e in quel momento arriva Algernon, che lo chiama Ernest, e si baciano. Lei chiede se sia sposato con Gwendolen, ma lui nega e Gwendolen spiega che in realtà si chiama Algernon. Anche Cecily è sconvolta e lei e Gwendolen si sostengono e proteggono a vicenda. Chiedono a Jack di spiegare cosa sia successo e lui confessa di non avere alcun fratello di nome Ernest, di non avere proprio nessun fratello. Le due donne si ritirano in casa.

Jack è arrabbiato con Algernon perché il suo bunbureggiare li ha messi nei guai e per aver ingannato Cecily. Algernon pensa che Jack abbia a sua volta ingannato Gwendolen. Entrambi vogliono semplicemente sposare le donne che amano, sebbene questa possibilità sembri ormai essere molto remota. Bisticciano avidamente per i muffin disposti per il tè e poi si scopre che entrambi hanno programmato di essere battezzati da Chasuble con il nome di “Ernest” proprio quella sera. Jack ripete più volte ad Algernon di andarsene, ma lui si rifiuta.

Analisi

Questa scena presenta le più forti dimostrazioni del pensiero di Wilde riguardo il matrimonio, che lui considera una falsità oltre che un semplice strumento per l’ascesa sociale. Il fatto che Cecily accetti la proposta di Algernon è tutto tranne che un atto di vero amore: aveva accettato ancora prima di conoscerlo soltanto sulla base della sua cattiva reputazione. Ironicamente, ha combinato il suo stesso matrimonio. Ma guardando ai fatti dal punto di vista del Ventunesimo secolo, si può capire la sua decisione: mentre gli uomini dell’opera sono liberi di girovagare inventandosi un personaggio che possa levare loro il peso delle responsabilità, le donne si trovano in una condizione molto più limitante. Cecily, proprio come Jack e Algernon, si è inventata un personaggio (Ernest) e ha portato il motivo del “personaggio-autore” su un piano superiore, scrivendo letteralmente una corrispondenza tra sé ed Ernest.

Come è evidente, Cecily nutre gli stessi sentimenti di Gwendolen verso il nome Ernest: entrambe credono che ispiri assoluta fiducia perché quel nome, dato che assomiglia alla parola “earnest”, cioè “onesto”, ispira esattamente rettitudine e onestà. Ovviamente questa è la grande ironia dell’opera dato che sia Jack che Algernon hanno falsificato il proprio appellativo. L’importanza dei nomi viene ridicolizzata ulteriormente quando Gwendolen dice che le piace il nome di Cecily e sa che diventeranno grandi amiche, perché in realtà si ha già idea del conflitto che nascerà dalla confusione dei rispettivi “Ernest”. Successivamente Gwendolen spiega di aver saputo fin dal principio che Cecily non le piaceva. L’idea che il nome sia indicativo del valore di una persona è assolutamente infondata.

In questa scena Wilde fa meno affidamento sugli epigrammi e utilizza invece altri espedienti comici, prima fra tutti la ripetizione del dialogo e dell’azione. Alcune frasi, come quella in cui Cecily sostiene che il nome “Ernest” ispiri assoluta fiducia, riecheggia altre battute (le stesse identiche parole già pronunciate da Gwendolen) e anche quando Algernon si sbaglia e dice che deve essere battezzato, ripete in realtà le stesse parole di Jack. Di nuovo, quando Algernon chiede a Cecily se lo amerebbe anche se non si chiamasse Ernest, il dialogo rispecchia la domanda che Jack ha posto a Gwendolen. Allo stesso modo, quando tutti e quattro i personaggi parlano insieme e vengono fatte tutte le rivelazioni necessarie, il dialogo si basa principalmente sulla ripetizione dato che i personaggi si mimano a vicenda quasi alla perfezione, parlano praticamente all’unisono. Wilde usa inoltre contrasti visivi per creare l’umorismo: Cecily e Gwendolen si siedono e alzano diverse volte mentre parlano per dimostrare la propria agitazione e Algernon e Jack bisticciano per i muffin. Sebbene l’opera e la sua critica pungente vengano direttamente dalla tradizione della commedia di costume, questi strumenti ipercinetici e taglienti di ripetizione e contrasto sono più in linea con il genere della farsa francese.

Tuttavia, rimane principalmente una commedia di costume e gli atteggiamenti dei personaggi sono l’aspetto su cui Wilde concentra l’umorismo. Come lui stesso sottolinea nelle didascalie: “la presenza dei servitori esercita un’influenza frenante, alla quale ambedue le ragazze soggiacciono”. Quando si ricorda loro la rispettiva posizione sociale, le ragazze in lite assumono l’atteggiamento freddo tipico della nobiltà che Wilde ha ridicolizzato per tutta l’opera (sebbene in precedenza Cecily abbia detto, con fare indignato, “qui non è più il caso di indossare la vuota maschera delle buone maniere”. Anche la discussione tra Jack e Algernon per i muffin ci ricorda l’assurdità dell’indolenza dei ricchi: invece di concentrarsi sul problema di “Ernest”, entrambi, soprattutto Algernon, si riducono al proprio insaziabile edonismo (così come Algernon aveva fatto con le tartine al cetriolo). Di nuovo, banalizzano il solenne e solennizzano il banale.