L'importanza di chiamarsi Ernesto

L'importanza di chiamarsi Ernesto Riassunto e analisi di - Atto I, Scena I

Riassunto

È il 1895 e Lane, maggiordomo di Algernon Moncrieff, sta preparando il necessario per il tè del pomeriggio in un elegante appartamento di Londra. Dopo aver suonato il pianoforte in una stanza adiacente, entra Algernon: dice che sebbene non sappia suonare con precisione, è “meravigliosamente espressivo”. Chiede a Lane se abbia preparato le tartine al cetriolo per l’arrivo di Lady Bracknell, poi ne prende due tra quelle pronte e si siede sul divano. Parlano del matrimonio e Algernon lo definisce “deprimente”, congedando poi il maggiordomo. Successivamente riflette sull’incapacità delle classi inferiori di dare un buon esempio a quelle superiori e in quel momento arriva Lane ad accompagnare Ernest Worthing: egli è indicato come “John Worthing” nell’elenco dei personaggi e come “Jack” nel corpo dell’opera, sebbene sia Lane che Algernon pensino che il suo nome sia Ernest. Ernest è appena tornato dalla campagna.

Quando Jack scopre che Lady Bracknell, la zia di Algernon, sta per arrivare a prendere il tè insieme a sua figlia Gwendolen, egli rivela di essere venuto a Londra per chiedere la mano di quest’ultima. Algernon ridicolizza il concetto del matrimonio giurando che lui non si sposerà mai, e scaccia Jack dalle tartine al cetriolo che lui invece mangia di gusto. Jack si unisce a lui sul divano e Algernon gli ricorda che prima che lui possa sposare Gwendolen, dovrà sistemare la faccenda di Cecily. Algernon chiama Lane affinché porti il portasigarette di Jack e mostra la dedica a nome di una certa Cecily. Jack spiega che si tratta di sua zia e dice di rivolere la sua scatola. Algernon non gli crede, perché c’è scritto “Dalla piccola Cecily con tutto il suo affetto al suo caro zio Jack”. Quest’ultimo dice che in città usa il nome di Ernest, mentre Jack è quello che utilizza in campagna. Algernon dice di aver sempre sospettato che Jack fosse un “bunburista” e ora ne ha le prove.

Jack spiega che Thomas Cardew, che lo adottò, lo aveva designato come tutore di sua nipote, Cecily, che ora vive nella sua casa di campagna sotto la vigilanza della sua governante, Miss Prism. Dato che Jack deve mantenere un alto livello di moralità per darle il buon esempio, ha bisogno di una scusa per andare in città. Quindi si è inventato di avere un fratello fannullone di nome Ernest che vive ad Albany e che ha sempre problemi che richiedono la sua presenza. Algernon confessa di aver inventato un amico invalido in campagna, Bunbury, per quando ha bisogno di lasciare la città. Jack sostiene di voler chiudere con “Ernest”, ma Algernon dice che invece ne avrà più bisogno che mai dopo il matrimonio.

Analisi

Il commento che Algernon fa a Lane sul fatto che “tutti possono suonare con precisione, ma sono meravigliosamente espressivo” è solo un’anteprima della filosofia di Wilde riguardo l’arte. Wilde fu enormemente influenzato da Walter Pater e da altri esteti di epoca vittoriana, i quali sostenevano che l’arte dovesse essere fine a sé stessa e preoccuparsi soltanto delle proprie qualità estetiche. Di conseguenza, l’arte non deve essere una rappresentazione fedele della realtà, non dovrebbe essere “precisa” (per usare le parole di Algernon), ma al contrario dovrebbe essere un’estensione degli stili artistici del proprio creatore. Dovrebbe quindi essere “meravigliosamente espressiva”.

Wilde, attraverso lo scetticismo di Algernon, riesce a criticare il matrimonio definendolo “deprimente”, e per tutta la scena ricorrono osservazioni volte a ridicolizzare l’accordo più tradizionale e romantico che esista. Wilde è un maestro dell’epigramma, cioè una frase concisa, tipicamente arguta o paradossale. La sua abilità non sta solo nel fatto che riesca a coniare nuovi epigrammi, ma nella capacità di sovvertire quelli già esistenti, come nel caso di “nella vita matrimoniale, tre è compagnia, due no”, che racchiude la monotonia della monogamia, giocando con il modo di dire “due è compagnia, tre è una folla”.Il fatto che Wilde scelga “Bunbury” come nome per le doppie identità potrebbe essere indicativo. Wilde è uno dei più famosi omosessuali della storia, condannato nel 1895 per sodomia nei confronti di Lord Alfred Douglas detto “Bosie”. In precedenza, l’autore aveva spesso cercato di nascondere il suo orientamento sessuale sposando addirittura una donna. Forse Wilde sta collegando il bisogno dei suoi personaggi di “bunbureggiare” alla sua stessa doppia identità, quella pubblica di eterosessuale e quella privata di omosessuale? Alcuni critici hanno riflettuto sull’uso della parola “Bunbury”: separando “bun”(natiche) e “bury” (infilare), vi si potrebbe infatti leggere una descrizione del rapporto sessuale tra due uomini. Senza dubbio, è stata confermata la presenza di svariate allusioni al mondo omosessuale di Londra destinate al pubblico contemporaneo e omosessuale di Wilde. In più, è possibile leggere un sottotesto omosessuale in diverse frasi: “Niente mi convincerà a separarmi da Bunbury. [...] un uomo che si sposa senza conoscere Bunbury ha davanti a sé una vita piena di tedio”. Qui, oltre al riferimento al rapporto sessuale, Algernon sta chiaramente esprimendo il bisogno di un alter ego per sfuggire alla sessualità opprimente del matrimonio.

Un altro elemento fondamentale dell’opera è la descrizione umoristica che l’autore fa delle tensioni sociali. Lane, il maggiordomo, pronuncia una discreta quantità di battute umoristiche e persino Algernon sembra riconoscere che le classi inferiori abbiano più potere di quanto possa sembrare: “se i lavoratori non ci danno il buon esempio, a che cosa servono?” Ma non si tratta di un’opera seria e tutti i conflitti si risolvono rapidamente con l’umorismo. Quando Algernon è arrabbiato perché la sua riserva di champagne è esaurita, Lane alleggerisce la discussione sulle classi sociali e torna al discorso sul matrimonio.

Ci sono tantissimi simboli della classe alta. Per esempio, il divano è il centro dell’indolenza dei ricchi, un luogo confortevole in cui passare il pomeriggio senza lavorare. Wilde stesso trascorreva ore a meditare sul suo divano, ma in quest’opera lo trasforma in un luogo per le chiacchiere sociali. Anche le tartine al cetriolo diventano simbolo dell’edonismo dei ricchi: Algernon dice di volerle conservare per Lady Bracknell, ma in realtà non riesce a smettere di mangiarle.