L'importanza di chiamarsi Ernesto

L'importanza di chiamarsi Ernesto Riassunto e analisi di - Atto I, Scena II

Riassunto

Lane accompagna all’interno dell’appartamento Lady Bracknell e Gwendolen. Algernon si dice “mortificato” per l’assenza delle tartine al cetriolo. Dice a Lady Bracknell che non potrà partecipare alla cena di quella sera, perché Bunbury è ammalato. Promette però di occuparsi della musica del suo ricevimento il sabato successivo e insieme entrano nella sala della musica. A quel punto, Jack confessa a Gwendolen i suoi sentimenti e lei ammette di essere attratta da lui, soprattutto perché ha sempre desiderato sposare un uomo di nome Ernest. Jack è felice, ma le chiede se lo amerebbe comunque se il suo nome non fosse quello ma, per esempio, Jack. Lei dice di no e quando lui le chiede di sposarlo, accetta.

Entra Lady Bracknell e Gwendolen la informa del suo fidanzamento. La madre risponde dicendo che soltanto lei o suo padre possono approvare un’eventuale unione e le ordina di aspettarla nella carrozza. Quando Gwendolen se ne va, Lady Bracknell chiede a Jack delle sue abitudini, dei suoi guadagni, della sua provenienza e via dicendo. Quando lui ammette di essere un orfano e di essere stato trovato all’interno di una borsa a bordo di un treno, lei inorridisce e dice che non permetterà mai che sua figlia lo sposi. Se ne va ed entra Algernon

.Jack spiega all’amico l’accaduto e gli dice anche di voler far fuori suo fratello Ernest entro la settimana. Algernon gli dice di voler incontrare Cecily, ma Jack non è d’accordo perché lei è giovane e bella, anche se non dubita che lei e Gwendolen potrebbero diventare buone amiche. Discutono su cosa fare quella sera e decidono di non fare nulla. Torna Gwendolen accompagnata da Lane e dice ad Algernon di girarsi per poter parlare con Jack: gli spiega di aver paura che sua madre non permetta loro di sposarsi e quindi gli chiede il suo indirizzo della casa di campagna, che Algernon annota di nascosto e contestualmente controlla gli orari dei treni. Gwendolen promette a Jack di scrivergli ogni giorno quando sarà tornato in campagna e Jack l’accompagna fuori. Entra Lane e Algernon gli dice che il giorno dopo andrà a bunbureggiare. A quel punto, torna Jack, felice per la sua conversazione con Gwendolen. Algernon gli dice di essere preoccupato per Bunbury e Jack lo avverte del fatto che quello gli porterà soltanto guai.

Analisi

Questo atto presenta il conflitto principale dell’opera, cioè lo snobismo di Lady Bracknell verso il passato disdicevole di Jack. Il tema tradizionale dell’ostruzione all’amore perpetrata dai genitori mantiene vivo l’interesse per la trama, ma il conflitto secondario è ancora più originale e interessante: Gwendolen sposerà soltanto una persona di nome Ernest, che crede sia il nome di Jack. L’avvertimento di quest’ultimo ad Algernon sul fatto che Bunbury gli porterà soltanto guai è una proiezione delle sue preoccupazioni: si è già infilato in un ginepraio con la sua doppia identità.

Sebbene l’opera sia una farsa e quindi non ci si aspetti che le relazioni vengano prese troppo sul serio, è possibile analizzare il desiderio di Gwendolen di sposare un uomo di nome Ernest. Lei sostiene che è il suo “ideale” e questa è una parola che risuona con la filosofia estetica di Wilde, che crede che l’arte debba sforzarsi di raggiungere un ideale di bellezza e non debba invece rispecchiare una realtà noiosa. Allo stesso modo, l’idea del matrimonio di Gwendolen (e della maggior parte delle persone) gira intorno a un ideale di storia d’amore che non esiste. Le molte critiche epigrammatiche rivolte al matrimonio nel corso dell’opera dimostrano infatti la crudele realtà delle nozze: l’amore, dimostra Wilde, è l’unico tipo di arte che molte persone possono realizzare; è l’unico ambito su cui possono proiettare i propri ideali così come fanno gli artisti. Tuttavia, spesso il matrimonio non li rispecchia, a differenza dell’arte (quella buona almeno), che può invece sopravvivere nell’atmosfera rarefatta dell’ideale.

Lady Bracknell è una creazione comica di spicco nell’opera, incarna la donna vittoriana che dà importanza alla buona educazione più che a ogni altra cosa. Wilde le affida alcune delle battute più argute per far emergere il suo bizzarro punto di vista sul mondo, come nel caso di una delle sue frasi più famose: “La perdita di un genitore, Mr. Worthing, può essere considerata come una sventura; la perdita di entrambi mi sa di sbadataggine.” Continua su questa stessa linea quando Jack la informa del fatto che fu ritrovato in una borsa sulla linea di Brighton e lei risponde che “la linea non è importante”: il fatto che lui sia stato trovato in una borsa su un treno è già abbastanza indicativo come marchio d’infamia. Nella versione originale, usa la parola “immaterial”, che ci ricorda che è proprio il passato “immateriale” di Jack a disturbarla enormemente.

Quando Jack e Algernon riflettono su cosa fare quella sera, si ha uno scorcio sulle loro opzioni sociali: balletto, teatro, ristoranti. Vivono la vita dei dandy vittoriani, che si lasciano andare all’arte e al piacere. “È un duro lavoro non fare niente. Comunque, non è che lavorare duro mi dispiaccia, purché la cosa non abbia nessuno scopo pratico”, dice Algernon, introducendo così il “problema” della classe agiata, cioè che loro considerino “lavoro” la propria indolenza. Perciò il “fare nulla” è simile all’arte: sebbene quest’ultima richieda in realtà uno sforzo, non dovrebbe avere alcuno “scopo pratico”. Non intende dire che l’arte non abbia un ruolo all’interno della società, anzi, il contrario, ma sostiene che non debba essere usata come uno strumento sociale. In quest’ottica, Wilde si pone contro alcuni scrittori più tradizionali come Charles Dickens, che invece usava la sua arte per galvanizzare una riforma della classe operaia oppressa in Inghilterra. Jack e Algernon, quindi, sono due esteti sociali che riconoscono che le proprie vite, proprio come l’arte, sono “inutili” e hanno poco effetto sulla realtà. Se non altro, apprezzano le rispettive esistenze come fossero opere d’arte, una sorta di parco giochi che possono manipolare a proprio piacimento. La creazione di alter ego li rende autori virtuali, autori non solo dei propri destini ma di vite inventate.