Il ritratto di Dorian Gray

Il ritratto di Dorian Gray Guida allo studio

Il ritratto di Dorian Gray, primo e unico romanzo di Oscar Wilde, è la storia faustiana di un uomo che baratta la purezza della sua anima con la giovinezza eterna. È stato scritto nel 1889 e pubblicato per la prima volta sulla rivista letteraria “Lippincott’s Monthly” nel luglio del 1890 (Drew IX). Si trattava di una versione più breve, senza la prefazione, i capitoli 3 e 5 e dal 15 al 18, aggiunti per la successiva pubblicazione del 1891. Questi capitoli aggiuntivi, ormai elementi imprescindibili dell’opera, introducono il personaggio di James Vane, il fratello vendicativo di una delle vittime delle numerose relazioni incaute di Dorian. All’epoca della sua pubblicazione, il romanzo suscitò un’incredibile quantità di critiche negative, con detrattori che ne condannavano le sfumature omosessuali e l’apparente sostegno di valori edonistici. La prefazione è stata scritta in risposta ai critici poco clementi della prima edizione, che vennero accusati di non aver colto la convinzione di Wilde che l’arte debba essere apprezzata in termini puramente estetici, senza considerare la morale.

L’idea centrale che sta alla base della reinterpretazione del mito di Faust da parte di Wilde era apparsa diversi anni prima dell’inizio della stesura del romanzo, sotto forma di narrazione orale che l’autore faceva agli amici, soprattutto ai giovani ammiratori. Wilde era ben consapevole del debito della storia nei confronti di racconti più antichi sulla vendita dell’anima, della giovinezza, della bellezza e del potere, ammettendo liberamente che si trattava di una nozione “vecchia nella storia della letteratura, ma alla quale ho dato una nuova forma”. Questa “nuova forma” porta in primo piano l’idea dell’ambiguità, del condurre una doppia vita, tema molto più dominante in Dorian Gray di quanto non lo sia nel Dottor Faust di Marlowe o nel Faust di Goethe, una caratteristica tipica dell’opera di Wilde. Tale tema è esplicitamente esplorato, per esempio, nell’opera più celebre dell’autore, L’importanza di chiamarsi Ernesto.

Mentre la notorietà di Wilde cresceva, soprattutto a causa dell’infamia di questo romanzo, i suoi nemici continuavano a usare le sfumature omosessuali e i valori edonistici apparentemente immorali di Dorian Gray come argomentazioni contro il suo personaggio. Tali critiche continuarono durante le sue rovinose apparizioni in tribunale nel 1895. All’epoca, qualsiasi tipo di atto omosessuale era un grave reato penale in Inghilterra. La prima versione del libro pubblicata da “Lippincott’s Monthly” conteneva allusioni molto più evidenti all’amore fisico tra Dorian e Lord Henry e tra il protagonista e Basil. Wilde aveva fatto in modo di ridurre questi riferimenti nella revisione, tuttavia, la versione originale del romanzo fornì molto materiale per le argomentazioni dei suoi avversari.

Dopo il processo, Wilde fu brevemente imprigionato e la sua carriera letteraria non si riprese più. Si trasferì nel continente europeo e visse sotto falso nome fino alla sua morte, avvenuta in un hotel di Parigi nel 1900. Wilde citò questo romanzo come il principale responsabile della sua rovina, parlandone in questi termini: “l’accento fatale che, simile a un filo di porpora, serpeggia attraverso la trama di Dorian Gray”*. Solo decenni dopo la morte di Wilde l’opera sarebbe stata rispettata come capolavoro letterario.

Nonostante la preoccupazione della critica per l’apparente approvazione di stili di vita alternativi, Dorian Gray è un romanzo che offre molto di più ai lettori intellettuali e artisticamente sensibili. Si occupa principalmente di esaminare le complesse relazioni tra la vita, l’arte, la bellezza e il peccato, presentando al contempo un ritratto avvincente e cinico della vita dell’alta società nella Londra dell’epoca vittoriana. Esamina il ruolo dell’arte nella vita sociale e personale, mettendo in guardia dai pericoli della vanità e della superficialità incontrollate, nonostante le affermazioni di Wilde sulla amoralità artistica.

* De profundis, Oscar Wilde, Prometheus Classics (2018), trad. di Adelina Manzotti Bignone, pag. 34.