Il piccolo principe

Il piccolo principe Riassunto e analisi di di Capitoli I-IX

Riassunto

Capitolo I

Il narratore ricorda che quando era bambino vide un'immagine in un libro intitolato Storie vere. In esso un boa constrictor ingoiava una bestia e c'era una descrizione di questo processo. Il soggetto del primo disegno con matite colorate del narratore era un serpente con un grande rigonfiamento, ma egli era infastidito dal fatto che gli adulti chiedessero se fosse un cappello. Provò poi a disegnare un'altra immagine che mostrava l'elefante all'interno del serpente, ma gli adulti per tutta risposta gli rispondevano che era meglio lasciare perdere i disegni per concentrarsi piuttosto sulla matematica e sulla storia. Evidentemente i grandi non lo capivano e dare ogni volta spiegazioni era faticoso.

Così da grande scelse di fare il pilota e finì per volare quasi ovunque nel mondo. Ha conosciuto tantissime persone serie e ogni volta che incontrava qualcuno che sembrava un po’ più lungimirante, gli mostrava il suo primo disegno. Ma di fronte al disegno la risposta per tutti rimaneva solo e soltanto che rappresentava un cappello, così il narratore abbandonava le sue intenzioni di parlare di giungle, stelle e serpenti per discorrere invece di bridge o golf.

Capitolo II

Il narratore racconta che viveva da solo e non aveva nessuno con cui parlare fino al momento del suo atterraggio di fortuna nel deserto del Sahara. Era una questione di vita o di morte poiché aveva cibo e acqua a sufficienza solo per otto giorni. La prima notte dorme sulla sabbia, completamente isolato da chiunque altro al mondo. Viene svegliato da una voce che gli chiede di disegnargli una pecora. Il narratore salta in piedi sorpreso e vede davanti a sé un ragazzino così serio, che peraltro non sembra soffrire di malnutrizione o altro tanto che il narratore gli chiede come mai si trovi in quel luogo. Il ragazzo ripete semplicemente la sua richiesta del disegno di una pecora. Sebbene ciò sia assurdo, il narratore scopre di non poter disobbedire. Risponde al ragazzo che nella vita ha studiato principalmente altre cose diverse dall’arte ma al ragazzo non importa.

Poiché il narratore non sa disegnare una pecora, si cimenta con l'unica cosa che sa disegnare: un elefante inghiottito da un boa constrictor. Con suo grande stupore, il ragazzo risponde quasi scocciato di non volere la rappresentazione di un elefante in un boa. Sono creature pericolose quelle e aggiunge che nel luogo in cui vive tutto è piccolo; ha solamente bisogno di una pecora. Il narratore allora ne disegna una ma il ragazzo rifiuta quella figura perché dice che l’animale sembra malato. Rifiuta il secondo bozzetto perché in quel caso sembrava troppo vecchio. Alla fine il narratore se la cava disegnando una scatola e spiegando che la pecora si trova lì dentro. Il ragazzo sorride ed è molto soddisfatto finalmente; osserva attentamente il disegno e si dice felice che la pecora potrà dormire. Ed è così che il narratore ha fatto l’incontro del piccolo principe.

Capitolo III

Il narratore impiega un po' di tempo per capire da dove viene il principe: un ragazzino che fa tantissime domande ma sembra non ascoltare nessuna di quelle poste dal narratore. Per esempio, fissa l'aereo e chiede informazioni e quando l’uomo gli dice che è caduto dal cielo, il principe rimane stupito e sorride spiegando che anche lui è caduto. Il narratore è un po' turbato, ma un attimo dopo, quando il principe gli chiede da quale pianeta venga, comincia a chiedersi da dove venga esattamente il principe. Il bambino non risponde e si limita a contemplare il suo disegno.

Il pilota allora è incuriosito e cerca di ottenere più informazioni dal ragazzo che però sembra rimanere concentrato soltanto sul suo disegno. Il narratore allora gli spiega che si può aggiungere una corda al disegno per legare la pecora ma il ragazzo si chiede dove mai potrebbe andare quell’animale. Dopotutto, da dove proviene, tutto è così piccolo e “davanti a te non puoi andare molto lontano”.

Capitolo IV

Il narratore ora sa che il pianeta del principe è appena più grande di una casa. Naturalmente, ha sempre saputo che esistono pianeti molto, molto piccoli, ma ritiene la cosa comunque affascinante. Crede che si tratti dell'asteroide B-612, avvistato da un astronomo turco nel 1909 (quando l'astronomo ne annunciò per la prima volta la scoperta nessuno gli credette per via dei suoi strani abiti; tutti lo presero sul serio quando l'imperatore lo costrinse a indossare abiti rispettabili).

Il narratore ammette di fornire questi dettagli perché agli adulti piacciono i numeri. Vogliono sempre sapere, per esempio, quanto pesa una persona appena incontrata o quanti anni ha o quanti soldi guadagna. Non vogliono sapere cosa conta davvero, come se colleziona farfalle.

Quando si parla del principe, infatti, il narratore spiega che non si può semplicemente dire che era delizioso e che desiderava avere una pecora; piuttosto, è necessario far sapere che proveniva dall'asteroide B-612. In questo modo agli adulti sembrerà di avere tutte le informazioni necessarie. Ma al narratore non interessano i numeri riguardo al principe ovviamente e preferisce parlare di lui come se stesse raccontando una favola: "C'era una volta un piccolo principe che viveva su un pianeta poco più grande di lui e aveva bisogno di un amico”.

È una storia questa che andrebbe presa sul serio, perché il narratore arriva ad amare il suo piccolo amico serio. Non vuole dimenticarlo, quindi cerca di farne un ritratto: ma anche questi tentativi di rappresentazioni risultano sempre un po' bizzarri e lui stesso sa che probabilmente finirà con scordare qualche dettaglio.

Capitolo V

Nel corso della narrazione, l'aviatore impara qualcosa di nuovo sul principe. Un giorno il ragazzino gli chiede se le pecore mangino i cespugli e quando il narratore glielo conferma, gli domanda ancor più seriamente a proposito dei baobab. A questo punto l’uomo gli risponde che i baobab sono alberi molto alti, non cespugli, ma il principe lo contraddice affermando che tempo prima erano stati piccoli anch’essi. Il narratore deve ammetterlo, ma chiede al principe se vuole che le sue pecore li mangino e allora lui pronuncia la risposta positiva come se fosse una cosa evidente.

Si descrive poi come sul pianeta del principe siano presenti piante buone e cattive, i cui semi sono invisibili. Quando la pianta germoglia ed è una pianta cattiva, bisogna estirparla subito. I semi di baobab, che sono cattivi, sono ovunque sul suo pianeta e non si può permettere loro di crescere altrimenti prenderanno il sopravvento. Così il piccolo principe spiega di quanto sia tenuto a essere molto rigoroso nel prendersi cura delle piante. È un lavoro impegnativo ma non complicato.

Un giorno il principe chiede al narratore di fare dei disegni per i bambini del proprio pianeta e egli non può che obbedire. Sebbene riluttante a essere un moralista, raffigura un piccolo pianeta ricoperto da un albero massiccio, cosa che il principe gli aveva confermato di esistere. L’uomo ammette di non sapere bene perché questo disegno sia anche il più ammirevole della sua collezione, ma che ha obbedito al principe perché era animato dal sentimento di urgenza.

Capitolo VI

Il narratore racconta di aver imparato pian piano a conoscere il principe e la sua triste vita così come di aver appreso come per un certo periodo il suo unico piacere fosse quello di ammirare i tramonti. All'inizio il ragazzino sembra non sapere che sulla Terra è necessario aspettare sera per il tramonto perché sul suo piccolo pianeta è sufficiente spostare la sedia di pochi metri per osservare il crepuscolo ogni volta che lo si desidera. L’uomo sorride nell’apprendere che una volta il principe ha visto tramontare il sole quarantaquattro volte, ma poi discretamente gli domanda se fosse triste quel giorno (poiché guardare i tramonti aiuta quando si è tristi), solo che non ottiene nessuna risposta.

Capitolo VII

Un giorno il principe riflette sulle pecore che mangiano fiori anche quando ci sono le spine. Chiede allora al narratore in modo molto serio a cosa servano le spine, ma quest’ultimo è impegnato a cercare di lavorare sul suo aereo perché ancora in panne; inoltre, anche l’acqua potabile si sta esaurendo.

Il principe insiste con la sua domanda e l’uomo, ormai infastidito, risponde che le spine non servono a nulla e sono solo il modo che hanno i fiori di essere cattivi. Il principe prima sorpreso poi arrabbiato fa notare che i fiori sono deboli e ingenui e quindi necessitano delle spine. Il narratore, sempre più irritato per il guasto del suo aereo, replica severamente al principe che si sta impegnando nel fare qualcosa di serio. Per tutta risposta, il principe, a questo punto addolorato, sentenzia che il narratore sta parlando come un adulto; continua affermando che egli non sarebbe in grado di distinguere un pianeta da una faccia paonazza, che non ha mai odorato un fiore né guardato una stella né amato nessuno e non fa altro che sommare numeri e dirsi che è un uomo serio… come un fungo, osserva il principe.

Il narratore ora è confuso. Il principe, ormai decisamente arrabbiato, gli chiede perché mai quello di cui stanno parlando non dovrebbe essere qualcosa di serio o perché le pecore che mangiano fiori non siano qualcosa di cui preoccuparsi. Confida poi di conoscere un fiore unico che non esiste da nessun'altra parte se non sul suo pianeta e chiede di considerare cosa accadrebbe se una pecora si avvicinasse e lo mangiasse. Non è forse questa una cosa seria? C'è solo quel fiore speciale lassù e se venisse mangiato sarebbe come se tutte le stelle si spegnessero.

A questo punto, il principe sta singhiozzando e il narratore si vergogna incredibilmente del proprio comportamento; abbandona ciò a cui sta lavorando e cerca di confortare il principe dicendogli che il suo fiore non è in pericolo, scusandosi per essere stato così goffo. È così imbarazzato che non sa cosa dire.

Capitolo VIII

Il narratore impara di più sul fiore dal principe: sembra che sul suo pianeta spuntassero in continuazione semplici fiori tuttavia, un giorno, un seme particolare e diverso cresce preparandosi a sbocciare. Il principe incuriosito aspetta di vedere come sarà quando si aprirà.

Quando finalmente il fiore allarga i suoi petali, lei si scusa maliziosamente per essere disordinata ma il principe è pieno di ammirazione e le dice che è adorabile. Essa crede che sia ora di colazione così gli chiede di occuparsi di lei, tanto che il principe trova un annaffiatoio e le dona le sue attenzioni. Col passare del tempo, però, la vanità del fiore diventa sempre più evidente. Per esempio, chiede un paravento perché ha il terrore degli spifferi. Confuso, il principe la trova complicata. Gli chiede inoltre una campana di vetro per coprirla perché da dove viene… ma lì si interrompe, vergognandosi di essere stata quasi scoperta nel raccontare una bugia.

Il principe alla fine diventa diffidente nei suoi confronti: racconta al narratore che bisognerebbe solo annusare i fiori e guardarli, non ascoltarli. Avrebbe dovuto apprezzare di più il modo in cui lei profumava il suo pianeta, ma allora non la capiva. Finisce con l’affermare: “Avrei dovuto giudicarlo dagli atti, non dalle sue parole. Mi profumava e mi illuminava. Non avrei mai dovuto venirmene via!”.

Capitolo IX

Il principe continua con il suo racconto in merito ai preparativi per la fuga: rastrella l'area attorno ai suoi due piccoli vulcani attivi e quello spento, il che probabilmente è meglio così, sradica gli ultimi germogli di baobab, innaffia il fiore, lo mette sotto vetro e le dice addio. Essa si limita a tossire ma senza rispondere.

Poco dopo lei si scusa per essere stata frivola ma lui non riesce a comprendere questa sua nuova docilità, gli dice che lo amava e che entrambi sono stati sciocchi e gli chiede anche di mettere da parte la campana di vetro. Lui le domanda allora come potrà ripararsi dalle correnti d'aria ma lei risponde che un fiore ha bisogno d'aria. Gli dice infine di partire: sa che il principe vuole andarsene e sarebbe irritante se restasse nei paraggi. La realtà è che non vuole che lui la veda piangere; dopo tutto, è ancora piuttosto orgogliosa.

Analisi

Quella che inizialmente sembra una storia per bambini si afferma presto come qualcosa di completamente diverso. Infatti, se da un lato la prosa è semplice, gli eventi fantastici e i disegni sono immediati quanto il testo, dall’altro lato i temi, i simboli, le metafore e il tono sono molto più profondi e malinconici. Lo studioso James E. Higgins definisce il libro “unico” e afferma che “pone interrogativi al lettore, a prescindere da chi egli sia, così come non manca mai di rispettare l’intelligenza del lettore, non importa quanto giovane possa essere”. È un libro che si concentra sulle emozioni e non sull’intelletto, in cui l’autore lascia intendere che “anche in questa epoca di scienza, il poeta vede molto più dell’analista”.

Il piccolo principe è soprattutto un racconto filosofico. Perciò, al di là di una trama e di un'ironia facili e semplici, nasconde un significato profondo. L'autore tocca forme astratte attraverso parabole, metafore e simboli di scala universale: il bene e il male, la vita e la morte, l'essere umano, il vero amore per la bellezza, l'amicizia, la solitudine infinita, il rapporto tra l'individuo e la folla, per citarne solo alcuni. Nonostante il piccolo principe sia ancora un bambino, riesce a cogliere la vera essenza del mondo, inaccessibile a un adulto; e le persone con l'anima assopita, come il personaggio principale che incontra sulla sua strada, sono forse molto peggio dei mostri delle favole. La relazione tra il principe e la rosa è più complessa di quelle tra principi e principesse delle fiabe. In questo libro sono presenti tradizioni forti e romantiche. Innanzitutto, la scelta del genere: una fiaba. Il piccolo principe è una fiaba definita dalle sue caratteristiche: un viaggio fantastico dell'eroe, personaggi caratteristici (volpe, serpente, rosa). Non a caso, i romantici si rifanno al genere del folklore, che ha tra i temi principali proprio quello dell’infanzia.

Il principe non è un bambino spensierato; piuttosto, è solenne e maturo anche quando sogna, ride ed esprime disprezzo per gli adulti e le loro inclinazioni pedanti. È un bambino pieno di senso di meraviglia e curiosità verso cose che possono apparire semplici o insignificanti agli occhi degli adulti. Alla fine sono proprio i “grandi” che si rivelano privi di una comprensione reale o sottile del significato del mondo che li circonda, di chi sono e di cosa vogliono. Anche se gli adulti che il principe incontra pubblicizzano i loro successi e le loro responsabilità, tali conquiste sono rovinate dall'ipocrisia, dall'orgoglio e dall'ignoranza. Secondo gli standard stabiliti da tali adulti, il principe ha realizzato relativamente poco, ma ciò che fa davvero è significativo. Per esempio, dimostra un vivo apprezzamento per la natura e si prende cura delle cose di cui è responsabile ed è profondamente interessato a ciò che lo circonda senza darlo per scontato.

Dal primo momento in cui il narratore incontra il principe, quest’ultimo appare peculiare e straordinario: è incline alle domande e ignora quelle che gli vengono rivolte, è fantasioso e cerebrale, ama i tramonti; il suo pianeta aveva tre vulcani e una rosa di cui egli si prendeva cura assiduamente ed è ostinatamente infelice. Questa infelicità deriva da molteplici fattori: in primo luogo, la rosa gli causava infelicità perché non riusciva a capirla e si stancava del suo comportamento capriccioso e insensibile; secondariamente, la rosa l’ha reso infelice quando le ha comunicato la sua decisione di partire perché lei improvvisamente sembrava triste e ha iniziato a comportarsi in modo più gentile; e infine, mentre si trova sulla Terra, si rende conto di essere lontano dalla sua amata rosa e ha la sensazione di non essere compreso.

Il modo in cui il principe manifesta la sua infelicità, oltre ai suoi scatti d'ira o al suo comportamento lamentoso, è il suo amore dichiarato per i tramonti: un tramonto simboleggia tipicamente la fine di qualcosa, oscuramento e ombra. Quindi, il principe vuole sperimentarlo ancora e ancora in modo da potersi stabilizzare ulteriormente nel suo dolore. Higgins definisce il principe un esempio di realismo e afferma che “non è 'carino'. È la figura del bambino che eravamo una volta, ma che non saremo mai più. Il suo personaggio, tuttavia, non è rovinato dal sentimentalismo. È un amante tragico, consapevole delle grandi conseguenze dell’amore una volta trovato e le affronta apertamente”.

Il narratore è uno dei pochi adulti accettabili perché possiede ancora una piccola parte della visione infantile che aveva sperato di coltivare in misura maggiore prima che gli adulti presenti durante la sua giovinezza lo incoraggiassero a essere più serio. Lui e il principe vivono esistenze parallele nel tempo condiviso: tutti e due esuli strappati dalla società (o, nel caso del principe, separati volontariamente), ed entrambi sull'orlo della morte (il narratore per privazione di acqua e cibo, il principe per costrizione emotiva). Con l’aiuto del principe, il narratore è in grado di prendere ulteriormente le distanze dagli effetti ottusi della società adulta e di vedere le cose più chiaramente. Come dirà la volpe nei capitoli successivi del libro, le cose più importanti sono invisibili e ciò che si vede solo con gli occhi non è realmente importante. Si allude a questa massima anche nei primi capitoli prima che il principe descriva dettagliatamente il suo incontro con la volpe, poiché il narratore spiega come l'astronomo turco trovò l'asteroide ma non fu ascoltato dai suoi pari a causa del suo abbigliamento. Chiaramente i loro occhi erano ciechi di fronte a questa magnifica scoperta scientifica.