La vita di Luigi Pirandello

Luigi Pirandello nacque il 28 giugno 1867 nella contrada Villaseta, presso la tenuta paterna denominata "Il Caos", sita nei pressi di Girgenti (Agrigento). Suo padre, Stefano, aveva partecipato all’impresa dei Mille e proveniva da una ricca famiglia di commercianti di zolfo. Convolato a nozze il 13 novembre 1863 con la sorella di un commilitone, Caterina Ricci Gramitto, appartenente alla borghesia girgentana, ebbe con la donna cinque figli: Rosalina (Lina), Luigi, Annetta, Enzo e Giovanni.

Luigi ricevette una solida, seppur elementare, istruzione in casa grazie ai racconti folcloristici della religiosa domestica Maria Stella. Ben presto, la sua spiccata curiosità e voglia di immergersi in narrazioni via via più complesse, lo portarono verso gli studi letterari, prontamente ostacolati dal padre, che per il figlio desiderava una brillante carriera nel commercio, tanto da scegliere per lui, e senza il suo consenso, le scuole tecniche. Luigi non accettava il carattere dispotico del padre e, in un disperato tentativo di sottrarsi alla sua autorità, sostenne gli esami per entrare nel ginnasio, all’insaputa di tutti i suoi familiari.

Il grave dissesto economico che colpì il padre obbligò l’intera famiglia a trasferirsi a Palermo nel 1882, cosa che permise Luigi Pirandello di completare gli studi liceali, seguendo indisturbatamente i suoi principali interessi e componendo numerose poesie. Ottenuto il diploma nel 1886, decise di iscriversi contemporaneamente alle facoltà di legge e di lettere. Furono gli anni del suo primo amore, la cugina Lina (Linuccia): tuttavia, la relazione era destinata a concludersi in brusco modo, dal momento che i genitori della ragazza pretendevano, come pegno per la mano della loro figlia, che Luigi si occupasse esclusivamente di commercio. Incapace di abbandonare gli studi umanistici, decise di trasferirsi a Roma presso lo zio materno, un consigliere di prefettura, ex luogotenente di Garibaldi ad Aspromonte, dove poté dedicarsi esclusivamente agli studi letterari. Nel 1889 pubblicò Mal giocondo, la sua prima raccolta di versi, e due anni più tardi conseguì la laurea a Bonn, in Germania, con una tesi in tedesco sulla fonetica dei dialetti greco-siculi (Laute und Lautentwicklung der Mundart von Girgenti). Dopo una breve relazione con Jenny Schulz-Lander, figlia della sua affittacamerem alla quale dedicò la sua raccolta di versi Pasqua di Gea (1891), rientrò nell’Urbe per frequentare diversi salotti letterari, grazie ai quali potè conoscere il poeta e giornalista Ugo Fleres e il drammaturgo Luigi Capuana. L’influenza di quest’ultimo è ben individuabile nel primo romanzo pirandelliano, L’esclusa, iniziato nel 1893 e terminato nel 1901. È durante la stesura di suddetta opera narrativa che l'autore decise di sposare, ad Agrigento, la giovane Maria Antonietta (Nietta) Portulano, con cui celermente ritornò nella capitale. La coppia ebbe tre figli: Stefano, Rosalia (Lietta) e Fausto. Nel 1894 pubblicò la sua prima raccolta di novelle, Amori senza amore, e tre anni più tardi ottenne la cattedra di “Lingua italiana, stilistica e precettistica e studio dei classici” presso l’Istituto Superiore di Magistero di Roma, rimanendovi fino al 1922, anno in cui il filosofo Giovanni Gentile, l’allora Commissario dell’Istituto, lo rimproverò di negligenza. Difatti, furono anni in cui Luigi era intento a collaborare a più riprese con numerose riviste, quali “La Critica” e “Tavola rotonda”, suscitando l’ira e la gelosia della moglie, preoccupata dal continuo crescere della sua notorietà, conseguenza dei suoi interventi e delle sue pubblicazioni letterarie. Sulla rivista “Il Marzocco” comparirono alcune della sue novelle più celebri, quali Lumie di Sicilia e La paura del sonno, che accrebbero la cerchia dei suoi ammiratori. Fu un periodo proficuo per l’autore, nonostante Nietta continuasse a ostacolare la sua penna, innamorata com’era dell’uomo e non dell’artista: a questi anni risalgono il romanzo Il turno (1902 - 1903) e le raccolte di novelle Beffe della morte e della vita (due serie, 1902 e 1903) e Quand’ero matto (1903).

Nel 1903 la famiglia Pirandello si trovò in serie difficoltà: la miniera di zolfo di Aragona presso la quale il padre Stefano aveva investito il suo denaro e tutta la dote della nuora, fu distrutta da un violento allagamento che compromise in maniera irreversibile la salute mentale di Maria Antonietta. Luigi tentò allora di ripristinare la situazione economica familiare, impartendo lezioni di italiano e di tedesco e richiedendo il compenso per i lavori che, poc’anzi, aveva gratuitamente ceduto alle riviste per la loro pubblicazione. L’anno successivo l’autore pubblicò il suo terzo romanzo, Il fu Mattia Pascal, edito a puntate sulla rivista “Nuova Antologia”. L’ opera ebbe sin dai suoi esordi un successo straordinario, tanto da essere stampata in volume dalla celebre casa editrice Treves di Milano e tradotta l’anno successivo in tedesco, rilanciando Pirandello all’interno del variegato panorama letterario europeo.

Nel 1906 pubblicò la raccolta di novelle Erma bifronte, nel 1908 il volume di saggi Arte e scienza e il celeberrimo saggio L’umorismo, nel quale la sua riflessione filosofico-estetica è rappresentata per la prima volta in maniera organica. Nel 1909 apparve a puntate la prima parte del romanzo I vecchi e i giovani e iniziò per l’autore una collaborazione con il “Corriere della Sera”, sul quale comparvero vari testi novellistici, come La giara e Mondo di carta. Progressivamente, le sue novelle furono pubblicate nei volumi: La vita nuda (1910); Terzetti (1912); Le due maschere (1914); La trappola (1915); Erba del nostro orto (1915); E domani lunedì (1917); Un cavallo nella luna (1918); Berecche e la guerra (1919); Il carnevale dei morti (1919). L’intera produzione novellistica fu successivamente riorganizzata all’interno dell’imponente e sistematica raccolta Novelle per un anno, edita presso la fiorentina Bemporad. Nel 1911 pubblicò il suo quarto romanzo, Suo marito, poi riedito postumo nel 1941 a seguito di una parziale revisione dei primi quattro capitoli e di un cambio onomastico (ora Giustino Roncella, nato Boggiòlo). Nel 1912 pubblicò Fuori di chiave, il suo ultimo lavoro in versi, dedicandosi in seguito alla prosa e presentando nuove novelle, fra cui La vendetta del cane (1913) e Il treno ha fischiato (1914). L’anno successivo vide la pubblicazione a puntate del romanzo cinematografico Si gira, riedito in volume nel 1925 con il nuovo titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore.

L’attenzione dell’autore si focalizzò in questi anni sulla produzione teatrale, divenuta per Pirandello più importante di quella novellistica: nel 1916 è messa in opera la commedia in tre atti desunta dalla novella Pensaci, Giacuminu! assieme alla commedia tratta dalla novella Liolà!, ambedue in siciliano. Nel 1918 le commedie Ma non è una cosa seria e Il giuoco delle parti sancirono definitivamente il suo successo teatrale, malgrado questi fossero anni particolarmente duri per lui, poiché sua moglie Nietta, sempre più afflitta da una invalidante malattia mentale, venne ricoverata con una diagnosi di delirio paranoide il 14 gennaio 1919 presso la casa di cura psichiatrica Villa Giuseppina a Roma, e lì vi rimase fino alla morte, avvenuta il 17 dicembre 1959.

Nel 1920 andarono in scena le commedie Tutto per bene, Come prima e La signora Morli, una e due mentre l’anno successivo il dramma Sei personaggi in cerca d’autore, prima opera del cosiddetto ciclo del “teatro nel teatro”, fu acclamato dal pubblico milanese tanto da essere inscenato anche in lingua inglese a Londra e New York, nonostante la prima rappresentazione nella capitale si rivelò un totale insuccesso. Dopo la commedia Vestire gli ignudi nel 1922, mise in scena l’atto unico L’uomo dal fiore in bocca, tratto dalla novella La morte addosso del 1918, al quale seguì la commedia Ciascuno a modo suo, seconda del sopracitato ciclo teatrale.

Nel 1925 ottenne la direzione artistica della Compagnia d’Arte romana, intessendo fin da subito una stretta relazione, sia artistica che sentimentale, con la prima attrice del teatro, la giovane milanese Marta Abba. Quantunque questo fosse un periodo dedito al teatro, con tournée che non solo interessarono le principali città europee ma arrivarono sino al Brasile e all’Argentina, tra il 1925 e il 1926 Pirandello pubblicò a puntate sulla rivista “La Fiera letteraria” il suo ultimo e dissacrante romanzo, Uno, nessuno e centomila. Dopo la rappresentazione della commedia in tre atti La nuova colonia, la compagnia si sciolse nel 1928 e l’autore raggiunse Berlino, città in cui la commedia Questa sera si recita a soggetto fu presentata nel 1930, suscitando non poche perplessità nel pubblico, incapace di comprendere il messaggio celato dietro tale “dramma da fare”, ultimo dell’ambizioso progetto pirandelliano. Nel frattempo ottenne nel 1929 la nomina di “Accademico d’Italia” e pubblicò la novella Soffio e il primo atto del dramma incompiuto I giganti della montagna, dal titolo I fantasmi. Nel 1934 scrisse il dramma Non si sa come e il 10 dicembre dello stesso anno ricevette a Stoccolma il premio Nobel per la letteratura. Continuando a scrivere novelle, quali Di sera, un geranio e Una giornata, andò incontro alla morte avvenuta a Roma il 10 dicembre del 1936. Seguendo le sue volontà, il suo corpo fu cremato ma le sue ceneri non furono immediatamente sparse al vento, pratica inconsueta per i tempi e ostacolata dalla Chiesa, e poterono raggiungere Agrigento solo nel 1947.


Guide allo studio sulle Opere di Luigi Pirandello

Pubblicato a puntate sulla rivista “La Fiera letteraria” dal 13 dicembre 1925 al 13 giugno 1926 e comparso in volume nello stesso 1926 presso l’editore Bemporad, il romanzo Uno, nessuno e centomila è fra gli scritti di Pirandello già nel 1909,...