La vita di Alessandro Manzoni

Alessandro Manzoni nasce a Milano il 7 marzo 1785 da Giulia Beccaria (figlia del celebre illuminista italiano, Cesare Beccaria, noto per il trattato Dei delitti e delle pene edito nel 1764) e dal conte Pietro Manzoni. In verità tanti credono sia più corretto indicare Pietro Verri, esponente di spicco nella cultura milanese del tempo e fondatore, assieme ad altri intellettuali, della rivista "Il Caffè", quale padre naturale del Manzoni a causa delle lunghe frequentazioni che la madre ebbe con l'uomo nei principali salotti culturali della città. Nei primi anni Alessandro cresce presso la cascina Costa, vicino a quel lago di Como che diventerà in seguito rinomato scenario della sua più famosa opera. Compie i primi studi in collegi religiosi, che inculcano nella sua giovane anima una rigida educazione cattolica secondo quanto desiderato dal padre, salvo sviluppare presto un forte anticlericalismo e razionalismo grazie ai circoli illuministi che, per reazione, inizierà a frequentare avvertendo come asfissiante quel mondo cattolico fatto di rinunce e divieti. Nel frattempo la madre Carla si separa dal marito, trasferendosi a Parigi col nobile Carlo Imbonati e solo quando quest'ultimo muore nel 1805, Alessandro raggiunge la donna. L'anno successivo scrive il carme In morte di Carlo Imbonati, una poesia che testimonia la sua precoce maturità letteraria e lo consacra come poeta: qui presenta la sua ricerca di vita dedita al conseguimento della virtù e nell'indagine della verità, dichiarando il principio di un'arte impegnata nei confronti della società. Gli anni parigini sono decisivi per la sua formazione: difatti, qui incontra lo storico e critico francese Claude Fauriel, grazie al quale conosce la rivoluzione romantica in atto in Francia e con cui stringe un'amicizia fraterna; studia le opere dei grandi pensatori quali Jean Racine, Voltaire e Blaise Pascal; entra in contatto con l'ambiente degli idéologues, grazie all'intercessione della madre. Nel 1807 Alessandro conosce Enrichetta Blondel che sposa l'anno successivo, seguendo il rito calvinista (in ossequio alle credenze religiose della famiglia di lei) e nel 1810 con rito cattolico, sancendo definitivamente la sua, consapevole e sofferta, conversione al cattolicesimo. Quest'evento è decisivo all'interno della vita dell'autore perché cambia in modo irreversibile la sua produzione letteraria, ora protratta all'austerità in campo morale e alle tendenze democratiche in campo politico, e pronta a schierarsi contro il potere temporale dei papi. Nello stesso 1810 Manzoni lascia Parigi per trasferirsi a Milano, assieme alla moglie e alla madre, vivendo prima nell'abitazione del nonno materno e poi nella casa di via Morone 1 (in cui vi resterà fino alla morte). A Milano decide di intraprendere l'ambizioso progetto degli Inni sacri, una raccolta di dodici componimenti, uno per ogni festività liturgica dell'anno, ma ne scrive solamente cinque tra il 1812 e 1822: La Resurrezione, Il nome di Maria, Il Natale, La Passione e La Pentecoste. L'obiettivo era ricondurre i grandi valori civili dell'epoca, quali libertà, uguaglianza e fratellanza, alla loro autentica matrice cristiana per concedere la possibilità di redenzione agli umili. Dopo il momento felice della fede conquistata, segnato dalla stesura dei primi Inni sacri sopramenzionati, inizia per Manzoni un'importante fase di riflessione sul rapporto tra gli ideali religiosi e la realtà storica, parallela all'avvio della Restaurazione e al rientro degli austriaci a Milano. Questa forte crisi politica, religiosa, esistenziale e psicofisica dà vita ad uno straordinario fervore creativo che porta alla realizzazione delle odi civili Proclama di Rimini (1815), Marzo 1821 (1821) e Il 5 maggio (1821). Nelle prime due si rievocano momenti coraggiosi e sventurati dei tentativi politico-militari di ribellarsi contro l'oppressore austriaco per la costituzione dell'unità italiana. La terza invece è una riflessione sul significato storico e spirituale della figura di Napoleone, nel momento sublime della sua morte: la gloria, il potere e il giudizio terreni si annullano di fronte al superiore destino dell'anima nella vita eterna oltremondana. Da Milano si sposta di rado e per periodi brevi ma significativi: un nuovo soggiorno a Parigi, tra il 1819 e il 1920, accompagna la sua meditazione più artisticamente valida, con conclusioni spiccatamente pessimistiche, sulle contraddizioni tra i principi della fede e la loro problematica realizzazione nella società, presente nelle tragedie Il Conte di Carmagnola (1820) e Adelchi (1822). È in queste opere che l'autore presenta il «vero storico» secondo cui, solo attraverso l'osservazione della storia, si può giudicare la grandezza e la miseria dell'uomo, e l'agire inconoscibile della volontà divina. La drammaticità della situazioni presentate denunciano una costante disarmante che interessa tutti i suoi personaggi: quanto più sono impegnati a combattere per un ideale generoso, tanto più appaiono poi travolti dalle leggi della forza e della violenza che dominano il mondo. Nella prima tragedia, Manzoni denuncia la sconfitta della nobiltà morale di fronte al calcolo politico, narrando la vicenda di un valoroso capitano di ventura del XV secolo che, dopo aver concretizzato la fortuna del duca di Milano, Filippo Visconti, entra in contrasto col suo signore. Dopo varie vicissitudini, il conte di Carmagnola, seppur onesto e leale, è accusato ingiustamente di tradimento e condannato a morte. La seconda tragedia dà vita ad un fondamentale messaggio morale carico di un evidente pessimismo: grazie alla rappresentazione della fase conclusiva dello scontro tra Franchi e Longobardi nel nord Italia, alla fine dell'VIII secolo, l'autore mostra come nella storia prevalgano gli interessi e le ragioni di stato, a prezzo di qualunque violenza. Solo nella morte, nell'impotenza di agire e nella consolazione di una vita ultraterrena, infatti, si può intravedere la superiore realizzazione di un disegno divino ispirato alla giustizia e all'amore. Molti elementi presenti in queste opere sono rinvenibili all'interno dell'opera maggiore: l'ispirazione religiosa, il riferimento constante alla storia e alla realtà come base fondamentale per dare sostanza di vero e di verità all'opera artistica, la passione morale e sociale, l'attenzione alle storia individuale e in particolare ai destini delle persone umili. Dall'entusiasmo religioso degli Inni sacri all'osservazione pessimistica dei processi storici nelle tragedie, passando attraverso la riflessione e la partecipazione ai grandi avvenimenti politici nelle Odi, si formerà quella visione provvidenzialistica e, allo stesso tempo, disincantata che animerà il racconto dei Promessi Sposi. Dall'aprile del 1821 fino al settembre del 1823, Manzoni difatti si dedica alla complessa stesura del suo romanzo, che vede una prima, seppur embrionale, forma col titolo Fermo e Lucia. Questa «prima minuta», che Manzoni dà in lettura a prestigiosi intellettuali e amici, è oggetto di una profonda modifica negli anni successivi, tanto nei contenuti quanto nelle forme espressive. Solo la seconda stesura - la «Ventisettana» - vede la pubblicazione, con il nome Gli Sposi Promessi (1827), ottenendo un immediato successo, al punto che sin da subito iniziano le traduzioni nelle varie lingue europee (in tedesco, già nel 1827, e in inglese, francese e spagnolo l'anno successivo). Questa popolarità, coronata anche dal pubblico apprezzamento del poliedrico artista tedesco Johann von Goethe, rende Manzoni un incrollabile punto di riferimento del movimento romantico italiano. Da questo momento comincia il lungo lavoro di revisione linguistica del romanzo: di capitale importanza il breve viaggio a Firenze nel 1827 per fargli comprendere come fosse necessario "sciacquare i panni in Arno", ovvero far sì che l'opera rispecchiasse le esigenze di una lingua unificatrice per l'Italia, che si avviava all'unità politica. Dalla ristretta realtà lombarda, il testo doveva essere riscritto nel fiorentino, lingua le cui possibilità espressive e la secolare storia letteraria, la rendevano adatta ad assurgere al ruolo di idioma nazionale. La sua vita è dunque intenta al duro lavoro in questi anni, anche se non mancano momenti difficili, come la morte della moglie Enrichetta nel 1933, quella della figlia Giulia (amorevolmente chiamata dal Manzoni Giulietta) nel 1934 e quella della madre e della figlia Cristina, entrambe avvenute nel 1941. Dopo il 1827 si dedica in modo particolare agli studi linguistici, filosofici e storici, muovendosi tra Milano e la campagna lombarda, a Brusuglio, dove possedeva una villa (lasciatagli in eredità da Carlo Imbonati) e in cui praticava in modo moderno e sperimentale l'agricoltura. Oltre alla revisione linguistica, e ad alcuni aspetti minori sui contenuti e sulla struttura narrativa, Manzoni lavora anche alle illustrazioni del romanzo grazie alla collaborazione col disegnatore Francesco Gonin (un «romanzo illustrato» avrebbe meglio accentuato il carattere di lettura popolare che intendeva imprimere all'opera). Il risultato fu l'eccezionale edizione, da Manzoni considerata definitiva, pubblicata a dispense tra il novembre del 1840 e il novembre del 1842 - e per questo conosciuta come la «Quarantana» - dal titolo I Promessi Sposi. All'opera l'autore aggiunge in appendice il saggio storico Storia della colonna infame: le vicende narrate sono coeve al periodo storico in cui è ambientato il romanzo, in particolare alla peste che travolse Milano nel 1630: qui Manzoni indaga l'etica e l'amministrazione della giustizia penale al tempo della dominazione spagnola della Lombardia. Nel 1837 sposa in seconde nozze la nobildonna Teresa Borri Stampa. Nel 1850 pubblica il dialogo Dell'invenzione in cui, avvalendosi di un impianto dialogico di stampo socratico-platonico, l'autore prova ad esaminare cosa avviene, da un punto di vista estetico, ontologico ed etico, quando l'artista inventa la sua arte con ingerenze di varie analisi etimologiche. Degno di nota il saggio comparativo La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, destinato a rimanere incompiuto.
Più frequenti le partecipazioni pubbliche dell'autore in questi anni: nominato Senatore del Regno d'Italia dal re Vittorio Emanuele II, partecipa nel 1861 alla prima seduta del Parlamento italiano a Torino; nel 1864 vota per il trasferimento della capitale a Firenze; collabora con Francesco De Sanctis alla stesura dei primi programmi scolastici della scuola dell'Italia unita; nel 1870 accetta la cittadinanza romana, come pubblica testimonianza della propria convinzione sulla necessità della scomparsa del potere temporale della Chiesa. Alessandro Manzoni muore, a seguito di una caduta che gli causa un letale trauma cranico, il 22 maggio del 1873 all'età di 88 anni. Nel primo anniversario della sua scomparsa, nella chiesa milanese di San Marco è eseguita la Messa da Requiem, scritta per lui da Giuseppe Verdi.


Guide allo studio sulle Opere di Alessandro Manzoni